I luoghi del Festival: Teatro Miela e La Casa del Lavoratore Portuale

I luoghi del Festival: Teatro Miela e La Casa del Lavoratore Portuale

Il Teatro Miela

photo0jpgLa sede del Teatro è l’ex Casa del Lavoratore Portuale. Il Teatro Miela è stato creato nel 1990 dalla Cooperativa Bonawentura che tuttora ne gestisce lo spazio e la programmazione.

La Casa del lavoratore portuale venne eretta in base al progetto dell’architetto Giuseppe Zaccaria sul fondo in precedenza occupato dalla vecchia pescheria – che venne spostata lungo le rive in quello che attualmente è il “Palazzo degli Incanti”. Nel settembre del 1938 Mussolini ne pose la prima pietra della Casa, nonostante in effetti mancasse ancora l’approvazione da parte del Comune che avvenne soltanto qualche mese più tardi. I lavori si protrassero fino al 1942 a causa di numerose diatribe a proposito della questione estetica dell’’edificio più che a questioni tecniche.

L’immobile, ora Casa del Cinema e sede del Teatro Miela, si presenta come un efficace esempio di architettura razionalistica e s’inserisce nell’ambito del progetto urbanistico di risanamento delle Rive messo in atto nel periodo del Regime.

Attualmente rientra ne “I luoghi del cuore” segnalati dal FAI – Fondo Ambiente Italiano.

Trieste e il Cinema

Lo sapevate che a Trieste sono stati girati più di duecento film? E che in città si organizzano cinque festival cinematografici internazionali? Che qui Tino Ranieri ha avviato, nel 1957, l’insegnamento di Storia del Cinema più antico d’Italia? 

La Casa del Lavoratore Portuale oltre al Teatro Miela è sede della Casa del Cinema. Il progetto della Casa del Cinema nasce dalla collaborazione fra la Provincia di Trieste e l’associazione “Casa del Cinema”, fondata nel 2009 da sette soggetti: Alpe Adria Cinema, Anno Uno, APCLAI, La Cappella Underground, Maremetraggio, la Film Commission FVG e la cooperativa Bonawentura. La sede è la ex Casa del Lavoratore Portuale. [approfondisci > Il legame tra Trieste e il Cinema ]

La storia dell’edificio

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E’ il Regio Ufficio del Lavoro Portuale ad ordinare la costruzione de La Casa del Lavoratore Portuale, insieme al Sindacato Fascista Lavoratori dei Porti e alle compagnie portuali Lino Domeneghini, Odoardo Huetter, Tommaso Gulli e Ettore Saletnig che ne diverranno successivamente proprietarie.

La progettazione viene affidata all’ingegnere civile Giuseppe Zaccaria (1900-1976), allora funzionario presso i Pubblici Magazzini Generali di Trieste, l’attuale Autorità Portuale. L’idea di fondo è quella di costruire un elemento di raccordo con il magazzino doganale ferroviario, in un’ area strategica del Porto Vittorio Emanuele III, crocevia di traffici ferroviari, marittimi e viari. Il lotto individuato, originariamente ospitava la pescheria, poi demolita e trasferita nel 1911 nell’edificio realizzato a firma di Giorgio Polli, lungo la Riva Nazario Sauro.

La gestazione del progetto è piuttosto lunga, anche per i frequenti blocchi imposti dalla Commissione edilizia comunale che tendevano a limitare l’utilizzo di materiali come cemento armato e il ferro, per i quali era necessario rivolgersi direttamente al Ministero dell’Interno. In una lettera indirizzata nel luglio del 1938 al podestà Enrico Paolo Salem, il Regio Commissario dei Magazzini generali Carlo Perusino manifesta il proposito di avviare il cantiere con la posa della prima pietra in occasione dell’imminente visita del Duce a Trieste.

Tuttavia, nonostante l’urgenza manifestata, il progetto richiede ancora diverse revisioni, in particolare per la soluzione delle facciate, con la richiesta da parte dei tecnici comunali di “ristudiarle”, ponendo attenzione alla geometria degli elementi lapidei del rivestimento da armonizzare con le aperture e la parte conclusiva dei cornicioni che, si chiede, venga “alleggerita” eliminando i pilastrini. L’avvio dei lavori avviene il 18 settembre 1938, con una sbrigativa cerimonia ufficiale alla quale partecipa Benito Mussolini, impegnato contestualmente nei cantieri della Casa del Fascio, dell’edificio del Rettorato dell’Università, della casa dell’ONB e all’inaugurazione del Banco di Napoli.

Il rilascio del nullaosta alla costruzione viene concesso il 15 giugno 1939. I lavori partono il successivo 2 luglio per un costo complessivo previsto di 3.000.000 di lire. L’abitabilità viene rilasciata, dopo il necessario sopralluogo commissionale, il 7 agosto 1942.

Da Casa del Cinema, Cultura e valorizzazione dei beni del territorio, su http://www.provincia.trieste.it/

Il Teatro Miela ospiterà due serate eccezioni del festival

Venerdì 22 Aprile – Sabato 23 Aprile

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INFO Biglietti

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INFO Biglietti

ON THE ROAD

 

ON THE ROAD

La band è nata nel 2011, dall’idea di tre amici ventenni: Giacomo Colombin, Giacomo Ricardi e Jacopo Starini. La loro avventura inizia in Piazza Cavana a Trieste con solo 2 chitarre e alcune percussioni, stupendo i passanti per il fatto che ragazzi così giovani avessero scelto di riprodurre brani d’epoca di artisti come i Beatles, Elvis Presley, Bob Dylan, Johnny Cash, Neil Young, Eric Clapton, così come canzoni di artisti moderni come U2, Oasis, Kasabian, Coldplay. Nel maggio 2012 si unisce al gruppo Daniele Tripaldi al basso.

I quattro ragazzi iniziano a comporre le prime canzoni proprie. Dopo alcuni mesi arriva l’ingegnere del suono, Fulvio Vascotto che segue la band. Gli On The Road hanno passato un’estate in uno storico camper in un viaggio che li ha portati ad incontrare nuove persone provenienti da diverse città come Ravenna, Firenze, Rimini e Bologna. L’anno successivo sono arrivati fino a Vienna, Praga e Berlino: un tour internazionale per una band piena di motivazione e forza.

Nel 2014 arriva Mauro Germani alla batteria e percussioni. Con una nuova e forte sinergia riparte il percorso insieme fino alla registrazione del primo CD: “We’ll be back sometimes” uscito a fine 2015.

AFTERGLOW

 

Band fondata nel 2010 da Christian Krejner (chitarra) e Andrea Badodi (batteria), vede prima l’aggiunta di Guglielmo Cok (voce) e successivamente di Davide Falconetti (chitarra e voce), e poi trova la sua formazione definitiva solo alla fine del 2015 con l’arrivo del nuovo bassista Simone Tommaso Šuran Brunelli. Sempre nel 2015 gli AfterGlow distribuiscono il promo del loro primo cd raccogliendo ottime recensioni sia in Italia che all’estero.

L’album sintetizza in dieci canzoni l’essenza della band: un rock serrato e maturo che sposa una voce melodica e mai scontata. Un intrigante flirt tra l’American Rock e il Brit d’oltremanica. Il 31 Dicembre 2015 vincono il titolo di “Best Unsigned Band” del sito italiano “rock metal essence”.

THE RIDEOUTS

 

Tutto inizia nel 2000, quando Max Scherbi si trasferisce a Liverpool, per suonare nella città dei suoi idoli, i Beatles (e lì comincia un’importante esperienza suonando in un progetto di Stewart Boyle, ex Bullyrag). Nel 2003 nasce il primo nucleo dei Rideouts, che nel 2005 registra agli Imperial Studios di Liverpool il primo EP di quattro canzoni insieme a Jay Irving (Spandau Ballet, Nate James, The Christians) alla batteria. Rientrato in Italia (con un bel bagaglio di esperienze ed un’ottima padronanza della lingua inglese), il frontman Max Scherbi, porta avanti il progetto e, grazie all’esperienza maturata nei Tillamook (blues/jazz vincitori delle selezioni italiane 2008 dell’IBC: nel 2009 rappresentano l’Italia a Memphis), Scherbi conosce Gianpiero de Candia e Andrea D’Ostuni con i quali nel 2009 registra l’album «The Storm After The Calm». Nel gennaio del 2012 Matteo Moggioli sostituisce Andrea D’Ostuni alla batteria e nasce il secondo album «All Day & All Night». A inizio 2016 esce «Heart and Soul», masterizzato al Mercury Mastering (California) da Blake La Grange (vincitore di vari Grammy, ha lavorato – tra gli altri – con Kanye West), un nuovo importante capitolo per la band del cantante e chitarrista Max Scherbi. Oggi lo accompagnano: Andrea Radini alla chitarra, Michela Grilli alle seconde voci, Gianpiero de Candia al basso e cori e Federico Gullo alla batteria.

The Rideouts si rifanno alle sonorità della musica anglo-americana degli anni ’60, dal pop al rock, dal blues al garage rock senza dimenticare un pizzico di psichedelia. The Beatles, Hendrix, Cream, Led Zeppelin sono le principali influenze. Richard Oliff della BBC (presentatore, scrittore, giornalista, produttore che ha lavorato con personaggi del calibro di Ringo Starr e Paul McCartney), estimatore dei Rideouts, per descriverli ha tirato fuori nomi come Eric Clapton e The Beatles.

The Rideouts non hanno nulla da invidiare alle band britanniche (o americane), suonano estremamente internazionali e con questo album, curato fin nei minimi dettagli, non hanno da temere nessun confronto con i modelli di riferimento. D’altra parte i riscontri positivi dall’estero non sono mai mancati: dal citato Oliff, al prestigioso NME che ospitò sul suo sito un videoclip dei Rideouts.

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